A Palermo, ci piace mangiare il cosiddetto “pane ca meusa”, che significa letteralmente pane con spezzatino di interiora, normalmente di mucca o pecora. I Palermitani vanno letteralmente matti per questa delizia locale “gourmet” che va mangiata in piedi e possibilmente sul posto agli angoli delle strade, dove famiglie e generazioni di rosticcieri hanno un chiosco mobile. Così si mantiene viva una tradizione fino ad oggi. Il luogo è segnalato da una luce sopra il chiosco ben riconoscibile che illumina un ampia casseruola dove viene fritto il lardo e le interiora.
Il panino puo’ essere richiesto e poi consumato in due modi: “schietta” o “maritata”
Schietta vuol dire semplice, mentre maritata significa accompagnata. Il pane è “schietto” quando la carne viene condita solo da alcune gocce di limone strizzate per alleviare il sapore forte; “maritata” è invece quando è accompagnata da ricotta fresca o ricotta salata sempre per alleviare e rendere più facile al palato sapore e digestione.
Adoro portare turisti americani o stranieri in generale per farli intrattenere dal rosticciere che sono in qualche modo onorati dal genuino interesse dei turisti.
E’ davvero apprezzabile vedere lo sforzo compiuto e il coraggio di oltrepassare una barriera culturale, ma anche del gusto molto forte che potrebbe ad alcuni apparire addirittura disgustoso.
Una volta superata questa barriera si crea una sorta di ponte culturale invece che collega il turista-viaggiatore ai tempi antichi forse Arabi o forse Ebrei quando si potrebbe far risalire questa delizia di strada di allora e di oggi. Alla fine il gesto culinario sconfina nel valore culturale più ampio di un semplice panino da gustare…
Una volta, ricordo, ebbi un gruppo di circa 15 persone Americane che non volevano proprio provare. Dopo aver espresso il valore culturale e richiamato alcuni aneddoti e radici storiche riuscii a convincere circa otto persone a provare (la metà del gruppo) a mangiarlo. Fu proprio un bel successo!
PANE CA MEUSA – PALERMO