“Donna di diciottu, ed omu di vintottu“;
“Vintottu anni voli aviri l’omu, diciottu idda, è matrimoniu bonu“
(Donna di diciotto e uomo di ventotto, ventotto anni l’uomo e diciotto lei, è un buon matrimonio!)
28 anni lui e 18 anni lei, questo uno dei tanti proverbi che accompagnano nell’800, le vite dei giovani siciliani!
Sarà capitato a tutti di iniziare una conversazione con i propri nonni o bisnonni e di perderci nei racconti di questi ultimi, sognanti ed anche a volte, storcendo il naso perché…bene!
Facciamo un salto nel passato..
La tradizione vuole che a far sempre il primo passo, fossero le madri d’accordarsi sulle nuove relazioni matrimoniali e che quindi decidevano il marito o la moglie per i loro figli sulla base della convenienza sociale ed economica, con assoluta esclusione dei sentimenti.
Fortunatamente, non sempre andava così. A volte accadeva che per chiedere una donna in moglie il giovane stesso, innamorato di una ragazza, alla quale aveva già manifestato il suo sentimento con qualche serenata notturna, prendeva un ceppo di fico d’india, lo adornava con nastri, fazzoletti e oggettini d’oro, e lo metteva, di sera, dietro la porta della giovane. L’indomani il padre della giovane si recava in piazza con il ceppo e cercava il pretendente.
Quando i giovani erano già affiatati in amore e la cosa era pubblicamente evidente, si usava dire “i ficu si cunsaru” (i fichi sono maturi) che significava che i tempi erano maturi come i fichi da raccogliere. In tempi più recenti e ancora oggi, questa espressione si sussurra quando si notano due persone che si avvicinano e dimostrano una certa intesa amorosa.